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Destinazione Albania: partita la prima nave con migranti verso i “centri di frontiera”

PoliticaDestinazione Albania: partita la prima nave con migranti verso i “centri di frontiera”

ROMA – E’ partita la nave Libra della Marina Militare, diretta verso l’Albania, per portare il primo gruppo di migranti nei centri allestiti per sottoporli alle “procedure accelerate di frontiera”. A Shengjin e Gjade infatti sono già operativi i “centri permanenza per il rimpatrio” italiani, ma dislocati in Albania, grazie a un accordo sottoscritto nel Protocollo Italia-Albania Del novembre 2023.

A rendere noto il trasferimento dei migranti in Albania è l’associazione “Mai più lager – NO ai CPR”, in prima linea per i diritti dei migranti in Italia. A bordo della nave della Marina militare un numero non precisato di persone quindi, che sbarcheranno in Albania mercoledì. L’associazione spiega che, una volta soccorse in mare, le persone trasferite oggi sulla Libra sono state oggetto di un primo screening per verificare i requisiti previsti dal protocollo: provenienza da Paesi sicuri, sesso maschile, che non siano vulnerabili. Sono infatti esclusi dal trasferimento nei centri albanesi donne, minori, persone torturate, malati che sono invece immessi nel normale circuito di accoglienza, in attesa che la loro richiesta di asilo venga vagliata dalle commissioni territoriali. A coordinare l’operazione in corso è il ministero dell’Interno.

COSA ACCADRÀ IN ALBANIA

Una volta che la nave arriverà al porto di Schengjin, nel nord dell’Albania, vicino al confine con il Montenegro, i migranti, secondo l’associazione, verranno fatti scendere e sottoposti nell’hotspot a un secondo screening di controllo più approfondito. Saranno poi trasferiti a Gjader, un ex sito dell’Aeronautica albanese a una ventina di chilometri verso l’interno, dove si trovano tre strutture consegnate il 9 ottobre al ministero dell’Interno italiano per il collaudo: un centro per il trattenimento dei richiedenti asilo da 880 posti (di cui a oggi sono pronti solo 400, meno della metà), un Cpr da 144 posti e un piccolo penitenziario da 20 posti.

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È qui, in questa struttura, che i migranti soggetti alle procedure accelerate di frontiera verranno trattenuti con un provvedimento di fermo firmato dal questore di Roma che va convalidato entro 48 ore dai giudici della sezione immigrazione di Roma in attesa che, nel giro di quattro settimane, si decida sulla probabile bocciatura delle loro richieste d’asilo che li costringerebbe al rimpatrio.

IL NODO DELLA SENTENZA EUROPEA

L’associazione Mai più lager – NO ai CPR contesta il protocollo siglato dal governo italiano e quello albanese sulla base di quanto sostenuto dalla sentenza emessa il 4 ottobre dalla Corte di giustizia europea. “Quel che i giudici di Lussemburgo dicono è che un Paese, per essere definito sicuro, non deve ricorrere ‘alla persecuzione, alla tortura o ad altri trattamenti inumani’ in ogni sua zona e per qualsiasi persona. Ma ben 15 dei 22 Paesi considerati sicuri dalla Farnesina non rispettano questo criterio. Non la Tunisia, non l’Egitto né il Bangladesh dai quali arriva la maggior parte dei richiedenti asilo”, spiega l’associazione. “Se i giudici si conformeranno alla sentenza europea- come appare inevitabile, e come è già accaduto a Palermo dove sono state appena respinte alcune richieste di convalida per il trattenimento di cittadini tunisini- pochissimi migranti potranno essere chiusi in Albania“.

AMNESTY: “FORTE PREOCCUPAZIONE PER POSSIBILI VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI”

“Il governo italiano ha annunciato che sono diventati operativi i due Centri per le persone migranti costruiti dall’Italia in Albania, segnando così l’avvio del piano concordato nel Protocollo Italia-Albania firmato nel novembre 2023. Nelle strutture di Shengjin e Gjader verranno vagliate, sul suolo albanese ma sotto giurisdizione italiana ed europea, le richieste di asilo delle persone migranti, e verranno trattenute le persone in attesa di espulsione e rimpatrio, con un’applicazione extraterritoriale della detenzione amministrativa“. Amnesty International Italia ha ribadito “forte preoccupazione riguardo alle possibili violazioni dei diritti umani legate alle misure previste dal Protocollo, in particolare per quanto riguarda il trattenimento generalizzato, la detenzione automatica e le operazioni di ricerca e soccorso in mare, ritenendole una violazione, da parte dell’Italia, dei suoi obblighi internazionali. Tali misure, le cui conseguenze gravano soprattutto su persone razzializzate, si inscrivono nel modello di esternalizzazione alla base delle politiche non solo nazionali, ma anche europee, messe in atto con accordi bilaterali come il Protocollo Italia-Albania, il MoU Ue-Tunisia e Italia-Libia”. È quanto si legge in una nota.
“Già mesi fa” Amnesty International Italia “aveva segnalato i rischi legati al rispetto dei diritti umani in un’analisi pubblicata lo scorso gennaio: l’accordo potrebbe prolungare i tempi di sbarco per le persone soccorse in mare da navi delle autorità italiane, portandole in Albania anziché nei porti più vicini. Questo allungamento dei tempi di navigazione rischia di aumentare le sofferenze dei naufraghi, come conseguenza dei pericolosi viaggi che intraprendono in assenza di canali regolari e sicuri, e potrebbe costituire una violazione degli standard internazionali di ricerca e soccorso, in particolare del dovere di sbarcare le persone nel primo porto sicuro; Il Protocollo non contiene disposizioni chiare su come verranno identificate le persone vulnerabili, come i minori o le donne in gravidanza, né sul luogo dove avverrà tale identificazione – se a bordo delle navi o a terra. La mancata chiarezza su questi aspetti potrebbe comportare che individui vulnerabili subiscano detenzione automatica e prolungata, in violazione dei loro diritti, secondo le leggi italiane e internazionali; L’accordo prevede la detenzione automatica di chi viene trasferito in Albania, incluso chi richiede asilo. La detenzione generalizzata, che può durare fino a 18 mesi, è una misura arbitraria e quindi illegale.

Secondo il diritto internazionale, la detenzione deve essere un’eccezione, non una norma, e deve essere convalidata dal giudice sulla base di valutazioni individuali, come riportato anche nel report “Libertà e dignità: osservazioni sulla detenzione amministrativa delle persone migranti e richiedenti asilo in Italia”, pubblicato lo scorso luglio da Amnesty International Italia; Le persone detenute in Albania potrebbero affrontare ostacoli nell’accesso ai ricorsi legali a causa delle difficoltà logistiche e burocratiche legate alla distanza. La mancanza di meccanismi chiari per la liberazione delle persone vincenti nei ricorsi potrebbe prolungare ulteriormente la loro detenzione. Inoltre, la detenzione potrebbe persistere anche dopo la decisione giudiziaria, a causa del tempo necessario per organizzare il trasferimento in Italia; L’ubicazione dei centri in Albania potrebbe compromettere l’accesso effettivo alle procedure di asilo e all’assistenza legale, riducendo le garanzie per i richiedenti asilo. La distanza tra i centri e le autorità italiane potrebbe inoltre portare a discriminazioni tra chi fa domanda di asilo in Albania e chi in Italia, minando il principio di equità delle procedure di asilo”.

SCHLEIN: “L’INTESA CON L’ALBANIA? SOLDI SPERPERATI, SANITÀ DEPOTENZIATA”

“Il governo di Giorgia Meloni alza le tasse e sperpera quasi un miliardo di euro dei contribuenti per i centri migranti in Albania, in spregio ai diritti fondamentali delle persone e alla recente sentenza europea sui rimpatri che fa scricchiolare l’intero impianto dell’accordo con l’Albania. Potevamo usare quelle risorse per accorciare le liste di attesa o per assumere medici e infermieri. Adesso abbiano la decenza di non chiederci più dove tiriamo fuori i soldi per la sanità, è gravissimo aver scelto di depotenziare il servizio sanitario nazionale nonostante ogni anno più di quattro milioni e mezzo di persone in Italia non riescano a curarsi”. Lo afferma la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein.

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