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Dall’Iraq la profezia della giovane curda Haisha: “No, l’Isis non tornerà”

MondoDall’Iraq la profezia della giovane curda Haisha: “No, l’Isis non tornerà”

ERBIL (Iraq) – Haisha accetta di parlare, non è stato facile convincerla. Poi quando arriva all’appuntamento concordato per l’intervista, insieme all’interprete, al centro di Erbil, nel Kurdistan iracheno, appare sicura e a tratti sorridente. Indossa gli abiti di lavoro, è impiegata come cuoca in una mensa. Ha quasi 40 anni e 3 figli e si è sposata a 15 anni: quando lo dice ride, si imbarazza e porta le mani sul volto, ma poi lascia intendere che in Kurdistan, soprattutto a quei tempi, andava cosi. Lo rifarebbe? “No, non lo farei più. Volevo studiare– racconta- ma mio marito non me lo ha permesso“. Doveva essere ‘donna di casa’, moglie e questa strada non andava d’accordo con i libri. Lo dice in modo ingenuo, quasi senza gravità, con tanti rimpianti, eppure non sembra affatto arresa.

Ho comunque una buona vita“, tiene a dirlo, perché lei, che sta per andare al lavoro e lo ha fatto anche quando suo marito era disoccupato, ha una fierezza che affiora esuberante dagli occhi scuri e che la fa anche soffrire, si vede. E ci tiene anche a dire, lei, di fede musulmana, che è libera di non indossare il velo, che “non c’è alcun collegamento come l’Occidente crede tra l’Islam, tutto l’Islam, e la privazione dei diritti delle donne”.

Non ha potuto studiare, ma Haisha alle domande sul perché della prevaricazione sulle donne e gli abusi che accadono spesso in famiglia in Kurdistan, risponde con sicurezza: “Sono diverse le ragioni: l’età del matrimonio, la situazione economica, la violenza maschile“. Resta stupita quando sente la statistica dei femminicidi italiani: 120 donne uccise nel 2023 (Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale Polizia Criminale) e 20 solo fino a marzo 2024, come la cronaca documenta, e dice: “Questo no, non lo potevo immaginare”.

Haisha ha fretta, deve andare al lavoro. Ma ha il tempo, questo se lo prende tutto, di raccontare il suo sogno: “Andare in Europa, i fratelli di mio marito vivono in Germania- racconta- soprattutto lo vorrei per i miei figli“. E prima di parlare di soldi, studio o lavoro dice un altro perché, il più semplice di tutti: “È piu sicuro vivere lì“, con la semplice premura di una mamma di ragazzi adolescenti. Perché in Kurdistan ci sono terre di nessuno in cui il terrorismo come un veleno resiste e Haisha questo lo sa bene.
Ma quando arriva il momento di parlare dell’Isis perde il sorriso. Si capisce che non vuole prendere il discorso, quasi come se il problema non la riguardasse. Risponde perentoria però quando le si domanda del futuro e dei pericoli di un ritorno del Califfato: “No, l’Isis non tornerà“. Lo ripete più volte. Nel 2014, negli anni dello Stato islamico al potere, era una mamma giovane, aveva i bimbi piccoli eppure a parte la storia di alcuni familiari fuggiti terrorizzati da Mosul non ha altro da raccontare. Non ha storie, ricordi, né paure precise, testimonianze di donne rapite o vendute. Le domande tornano tutte indietro.

“Non ho aggiornamenti, non ho tempo di guardare le notizie, lavoro molto”, ha solo il tempo di dire. Come dicono molti in Kurdistan quando si parla di Isis con questa frase di circostanza. La paura è intatta.
Si è fatto tardi, dice con il fare di chi deve uscire da quell’angolo. È tarda mattinata, il pranzo si avvicina, Haisha deve andare a lavorare. Ma dice ‘sì’ volentieri per una foto: toglie il cappello della divisa, giusto uno scatto di profilo, e poi le mani segnate dal lavoro e i capelli che le cadono sul collo, da una parte, mossi e finalmente liberi, meno ordinati. Haisha non sa di essere ancora una ragazza.

L’articolo Dall’Iraq la profezia della giovane curda Haisha: “No, l’Isis non tornerà” proviene da Agenzia Dire.

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