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Report Unfpa: “Crisi reale della fecondità è una questione di scelta”

MondoReport Unfpa: “Crisi reale della fecondità è una questione di scelta”

ROMA – Oggi nel mondo siamo troppi o troppo pochi? In realtà, sussistono entrambe le dinamiche: mentre in un Paese su quattro la popolazione decresce, il pianeta si prepara a raggiungere un nuovo picco demografico, superando gli otto miliardi di persone. Quindi, a fronte di coppie che non riescono ad avere un figlio, ci sono donne che non possono accedere all’interruzione di gravidanza: allora la crisi della fecondità che si registra non può limitarsi alle retoriche sul sovrappopolamento da un lato e l’inverno demografico dall’altro, bensì sulla libertà di scelta delle persone in termini di salute riproduttiva, opportunità lavorative e di carriera e parità economica e di genere. È quanto emerge dal rapporto 2025 ‘La crisi reale della fecondità: l’autonomia riproduttiva in un mondo che cambia’ dell’Unfpa, il fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, presentato stamani a Roma in contemporanea mondiale, in collaborazione con l’Associazione italiana donne per lo sviluppo (Aidos) e Sapienza Università di Roma.

“Le dinamiche demografiche hanno a che fare con l’autonomia delle persone di scegliere se, quando, con chi fare un figlio, e quanti averne”, premette Mariarosa Cutillo, direttrice dell’Ufficio partnership strategiche dell’Unfpa. “Lavoriamo in 150 Paesi ed è evidente che la fecondità ha a che fare col diritto di scelta, quindi con le norme sociali e legali dei Paesi”. E in molti, avverte Cutillo, continuano a permanere “ostacoli insormontabili che da anni si ripropongono in un mondo che oggi appare però più complesso, nel bene e nel male”.

Unfpa ha intervistato 14mila persone in 14 Paesi (Brasile, Corea del Sud, Germania, India, Indonesia, Italia, Marocco, Messico, Nigeria, Stati Uniti, Sudafrica, Svizzera, Thailandia e Ungheria) con tassi demografici e di fecondità diversi, e che insieme ospitano 1/3 della popolazione mondiale. Cutillo evidenzia dati interessanti: il 14% degli intervistati afferma che non può avere figli perché non ha il partner desiderato e questo è stato rilevato tanto nei Paesi occidentali quanto nei Paesi africani oggetto della ricerca; il 18% non ha potuto avere accesso alla salute riproduttiva; quasi 4 intervistati su dieci (il 39%) ritiene le difficoltà economiche l’ostacolo principale ad avere figli, il 21% cita disoccupazione e insicurezza lavorativa, il 19% i problemi abitativi.

“Tra le sue battaglie”, assicura Cutillo, “Unfpa ha l’inserimento dell’Educazione sulla salute riproduttiva e sessuale nelle scuole ma nei governi troviamo ancora tante reticenze. Dobbiamo chiederci poi come possiamo rendere gli uomini parte della soluzione quando le donne devono ancora scegliere tra carriera e maternità e su di loro pesa da 3 a 10 volte il carico di lavoro domestico e non pagato rispetto agli uomini”. Ciò mentre “rileviamo che uomini che vogliono farsi carico del lavoro domestico, anche attraverso il congedo di paternità, sono spesso oggetto di stigma”.

Per la dirigente Unfpa, dunque, “l’approccio che funziona è quello olistico, di ecosistema: fondamentali le politiche di governo e delle istituzioni pubbliche, ma abbiamo bisogno anche della società civile, del mondo accademico e del settore privato”.

La direttrice cita come virtuose quelle aziende che “adottano politiche attente alla salute sessuale e riproduttiva, ad esempio mettendo in pausa il percorso di carriera delle dipendenti che decidano di avere un figlio, oppure che accordano congedi mestruali o nel periodo della menopausa”, arrivando a registrare “il 22% in più di crescita produttiva insieme a una riduzione dell’assenteismo e nella perdita dei talenti”.

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